Il carattere di Michael Schumacher continua a far parlare di se, soprattutto dopo le rivelazioni di chi ha vissuto a stretto contatto con lui in Ferrari. Rob Smedley, ingegnere legato alla scuderia del Cavallino Rampante in diversi periodi, ha raccontato nel podcast “Red Flags” come l’immagine esterna del sette volte campione di Formula 1 sia spesso stata distorta. Da molti considerato un pilota freddo, arrogante e robotico, il tedesco avrebbe invece saputo manifestare in privato un’umanità profonda e inattesa, svelata nelle dinamiche interne alla squadra.

 

Secondo Smedley, ciò che il pubblico vedeva durante i Gran Premi non rispecchiava la vera essenza di Schumacher. “Da fuori sembrava spietato,” ha sottolineato l’ex ingegnere di pista, “ma in realtà era umile, nutriva dubbi sulle proprie capacità e questo lo spingeva a migliorare di continuo”. Questa condizione di perpetua autocritica avrebbe alimentato lo spirito di competizione, garantendo a Michael il desiderio di superarsi e mantenere il livello di eccellenza che lo ha reso uno dei più grandi nella storia della F1.

Nelle stesse dichiarazioni, Smedley ha paragonato il modo di essere di Schumacher a quello di Fernando Alonso. Entrambi, a suo dire, mostrano un forte lato combattivo e aggressivo in pista, mentre dietro le quinte rivelano tratti di generosità e calore umano non evidenti all’esterno. “Michael era un uomo incredibilmente disponibile con noi ingegneri e meccanici”, ha raccontato Smedley, “e sapeva che i successi non sarebbero mai arrivati senza il lavoro di squadra”. Questo legame affettivo con gli uomini del box avrebbe creato un clima di reciproca fiducia all’interno del team.

Lo stesso atteggiamento pare fosse uno dei segreti principali che permisero a Ferrari di costruire un ciclo di vittorie irripetibile. Mentre in molti attribuivano il dominio del Cavallino soprattutto al talento individuale di Schumacher e all’efficacia della monoposto, chi stava nel garage sottolineava quanto fosse essenziale l’approccio collettivo.  Smedley ha ricordato anche come l’immagine di Schumacher in tuta rossa e sguardo glaciale nascondesse un professionista che teneva conto delle opinioni di ognuno. Invece di imporre il suo punto di vista, si affidava alla competenza altrui per perfezionare l’auto e migliorare strategie e settaggi. “La verità è che Michael non faceva mai pesare i suoi successi, né tantomeno la fama”, ha concluso l’ingegnere, “e ci ricordava ogni volta che la Formula 1 è un lavoro di squadra, non un assolo. Non poteva vincere senza la squadra e metteva in dubbio sempre tutto, anche se stesso".

Sezione: News / Data: Lun 20 gennaio 2025 alle 00:09
Autore: F1N Redazione
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